martedì 24 maggio 2011

VITE SOTTOTITOLATE

Le telecronache ci hanno progressivamente abituati alla idea della necessità di farsi raccontare e spiegare da un “competente” quello che stiamo vedendo con i nostri occhi.

Da qui a credere che per farsi una idea del mondo e di noi stessi si debba, necessariamente, ricorrere a un qualche ”esperto”, il passo non è poi così lungo.

IL PENE, LE TETTE E LOBO FRONTALE

Questo post è riservato a coloro, speriamo pochi, che, dopo aver assistito ad una performance di Rocco Siffredi o guardato una foto di Pamela Anderson, hanno pensato, con una punta di invidia, che con qualche centimetro cubo in più, al posto giusto, la vita sarebbe stata tutt’altra cosa.

Dato che c'è da supporre che questi fanatici dell’XL, non abbiano mai pensato ad indagare sui cubaggi del proprio lobo frontale ci permettiamo di dare qualche, speriamo utile, informazione.

Con una cifra inferiore ai 1000 euro, si possono verificare le dimensioni di questa, essenziale, porzione del nostro cervello. (Raccomandiamo un giretto sul web e cercare informazioni riguardo “l’analisi volumetrica del lobo frontale”).

Domanda, legittima,: ma perchè il lobo frontale? Dal momento che non migliora né look, né sex appeal ed è così poco trendy.

Risposte:

Guardare il film “Qualcuno volò sul nido del cuculo”,.

Ci sono forme di demenza legate al suo insufficiente funzionamento.

Con l’avanzare dell’età il suo spessore tende, fisiologicamente ad assottigliarsi.

Se si vuol rendere sottomesso un individuo è sufficiente sottoporlo a lobotomizzazione.

"Se non lo usi lo perdi" ammoniscono i neuroscienziati.

Basterebbero queste, pur brevi, argomentazioni per comprendere la centralità della faccenda.

Non è rassicurante, fra le altre cose, la prospettiva di un pianeta popolato da idioti maggiorati.

Bibliografia minima.

Il lobo frontali coordinano le altre regioni cerebrali e permettono alla mente di concentrarsi sull'aspetto principale di una situazione, di porsi degli obiettivi a luogo termine. (“Il cervello infinito” di Normai Doidge)

Imparare ad acquietare il chiacchericcio interiore che risulta da una focalizzazione quasi ossessiva sull'ambiente esterno e l'occuparsi del conseguente stato emozionale da cui siamo diventati dipendenti significa servirsi del nostro dono più grande, il lobo frontale. (“Evolvi il tuo cervello” di Joe Dispenza)




domenica 22 maggio 2011

INCONGRUENZE IDEO-AFFETTIVE

A volte si ha la, sgradevole, sensazione che le nostre idee e le nostre sensazioni “istintive” siano in qualche modo difformi da quelle prescritte dalle convenzioni sociali.

L’abitudine, ci porta, poi, a dare maggior credito alle seconde a discapito delle prime.

Il caso più frequente è quando non riusciamo a sentirci partecipi di un evento per il quale gli altri sembrano provare un, per noi, ingiustificato interesse.

Oppure, al contrario, siamo persuasi della importanza di certe idee o fatti che vengono snobbati o ignorati dai più.

Se impiegassimo un po’ di tempo ad analizzare la cosa scopriremmo, non senza stupore, che il nostro “istinto” è un ottimo consigliere.

La quasi totalità delle convinzioni e dei comportamenti predominanti sono, infatti, accettati ed agiti in modo automatico ed acritico: si pensa ciò che va pensato, ci si appassiona a ciò cui ci si deve appassionare e si parla di ciò di cui si deve parlare.

Chi non sappia, adeguarsi a questa, stupida, logica non concluda, sbrigativamente, che qualcosa in lui non va.

In questo caso il “disagio” è sintomo di buona salute.

venerdì 20 maggio 2011

CREATORI DI MONDI

Il regista Pedro Almodovar, in occasione del festival di Cannes, parlando dell'amore per il proprio lavoro ha dichiarato: “Il regista è un creatore, è il mestiere più vicino a quello di Dio: puoi dare corpo alla tua immaginazione, ai tuoi fantasmi e hai un potere enorme”.

Parole, queste, che richiamano quelle che lo scrittore statunitense Gore Vidal pronunciò anni fa quando, in una intervista, sostenne che, attraverso Hollywood, era stata creata l’immagine di una America che non esiste.

E’ possibile creare l’immagine di un pianeta che non esiste? Di vite che non esistono? Ambienti virtuali, ai quali, volenti o nolenti, dovremo adattarci?

Qualcuno ha, acutamente, osservato, che le nostre vite tendono a conformarsi ai nostri film ed attori preferiti.

Ma i modelli e le suggestioni non provengono soltanto dalle opere cinematografiche.

Possiamo dire che tutta la comunicazione in cui siamo, costantemente, immersi, col pretesto di “informarci”, va a creare quell’immaginario che andrà, poi, a costruire la nostra idea di realtà.

Noi non percepiamo la realtà in quanto tale, ma la favola che ci è stata raccontata e spacciata per vera.

Cinema, pubblicità, letteratura, fumetti, canzoni, opere d’arte, mezzi di informazione edificano le scenografie in cui viviamo.

Non soltanto, quindi, i registi, ma i creativi del marketing, gli scrittori, gli autori dei testi delle canzoni, gli artisti e i giornalisti plasmano la nostra visione del mondo e, di conseguenza, le nostre esistenze.

I parametri dell’amore, del successo, della bellezza, della onestà, del talento, della intelligenza, della virilità, del lavoro, vengono definiti da questi costruttori di fondali, immaginari set studiati ad uso e consumo del “mercato” e, nei quali, l’”uomo”, in quanto tale, non potrà che soccombere.

sabato 14 maggio 2011

"MA I FINI DELLA ECONOMIA SONO ANCORA I NOSTRI FINI?"

Se lo chiede, opportunamente, Francesco Totaro nel suo libro "Non di solo lavoro".
E' una domanda questa, che dovremmo porci con più frequenza per comprendere se i "progressi", che caratterizzano la modernità, vadano a vantaggio dell'uomo o del sistema che regola la sua esistenza.
Si ha, infatti, la sensazione che molte istituzioni umane (religioni, strutture per l'assistenza medica e psicologica, ricerca scientifica, stati nazionali) siano, perversamente, congegnate in modo da rafforzare e perpetuare se stesse ai danni dell'umanità che dovrebbero favorire.



venerdì 13 maggio 2011

FARMACOMICITA'

Qualche tempo fa ci imbattemmo nel foglietto illustrativo di un noto psicofarmaco, tra le cui indicazioni era annoverato il trattamento della "felicità inappropriata".
Detto in altri termini, mostrarsi euforici ed appagati dopo aver acquistato l'ennesimo, inutile aggeggio, è da ritenersi "normale", ma se lo stesso stato mentale risulta svincolato da fattori esterni, nasce cioè "dal di dentro", ha da essere annoverato come disturbo psichiatrico, oltre che gravemente lesivo per il PIL.
Nella sua tragicità la cosa risulta quasi divertente.

Per saperne di più:

Vorremmo, con l'occasione, proporre la realizzazione un pubblico incontro dal titolo: FARMACOMICITA' - Segnalazioni ed esperienze sulle facezie della farmacologia.

sabato 7 maggio 2011

USCIRE DA FLATLAND


“NON SI PUO’ RISOLVERE UN PROBLEMA CON LA STESSA MENTALITA’ CHE L’HA GENERATO” ammoniva Albert Einstein.

Occorre cambiare il punto di vista, porsi all’esterno del sistema e osservarlo dal di fuori.

Detto più semplicemente occorre cambiare il modo di pensare.

E per cambiare il modo di pensare esistono due alternative: cambiare le nostre fonti di informazione e/o, preferibilmente, cominciare ad usare la testa in modo autonomo.

L’illuminante dialogo tratto dal film “K-PAX”, che ha per protagonisti uno psichiatra ed un extraterrestre proveniente dal lontano pianeta “K-PAX”, mostra quanto più lucida possa essere la valutazione delle cose quando le si vedano con un maggiore angolo di visuale.

GLI, INSUPERABILI, LIMITI DELLA POLITICA.

Tra il 1943 e il 1954 lo psicologo statunitense Abraham Maslow concepì il concetto di gerarchia dei bisogni e la espose nel libro “Motivazione e personalità”del 1954.

Questa scala è conosciuta come "La piramide di Maslow".

I livelli di bisogno concepiti sono:

1. Bisogni fisiologici (fame,sete, ecc.)

2. Bisogni di salvezza, sicurezza e protezione

3. Bisogni di appartenenza (affetto, identificazione)

4. Bisogni di stima, di prestigio, di successo

5. Bisogni di realizzazione di sé

La politica può occuparsi, per forza di cose, solo dei primi due livelli della piramide, lavorando, cioè, per garantire le condizioni di base per il soddisfacimento dei bisogni “alti” della piramide stessa.

Nei paesi occidentali, a partire dal dopoguerra, si sono, effettivamente, andate creando quelle condizioni di ricchezza che, svincolando le società dagli impegni legati a sopravvivenza e sicurezza, avrebbero potuto consentire di concentrarsi sul soddisfacimento dei bisogni più “elevati”, ma l’opportunità non è stata, per ora, colta.

Qui la politica non c’entra niente, è una faccenda di responsabilità e scelte individuali.

Il fatto è che è più comodo parlare delle, oggettive, manchevolezze della prima e tacere completamente, o quasi, su quelle della seconda.

venerdì 6 maggio 2011

SEI UNO SCHIAVO, NEO!


Sintetica e suggestiva descrizione di FLATLANDIA.
La prigione mentale in cui tutti noi siamo reclusi.
La sola cosa che ci è concesso di fare è rendere la cella un po' più confortevole, con qualche gadget che, in definitiva, ci renderà ancora più schiavi.
Non si tratta, comunque, di una idea recente, se già 2000 anni fa alcune sette gnostiche asserivano che "il mondo era un errore cosmico creato da una divinità malvagia come luogo di detenzione per imprigionare gli uomini e soggiogarli al dolore e alla sofferenza". (da "I cristianesimi perduti" di Ehrman Bart)




giovedì 5 maggio 2011

DEPRESSIONE, ANSIA, ATTACCO DI PANICO. INTERPRETAZIONI FUORI DAL CORO

Quando c’è malattia, si sa, c’è sofferenza, ma non si può, sempre, dire che la sofferenza deriva da una patologia.

Di seguito riportiamo alcuni estratti dai testi di Carlos Castaneda nei quali viene spiegata l’origine di alcuni “disturbi” che, solitamente, vengono classificati come patologici e, quindi, medicalizzati.

La visione di Castaneda che, notoriamente, si rifà alla saggezza degli indiani Toltechi dell’antico Messico, si basa sullo stesso presupposto che portò Gerd B. Achenbach, a proporre la “consulenza filosofica” come metodo per affrontare il disagio psicologico. Disagio psicologico che, per Achembach, sarebbe, in alcuni casi, riconducibile a particolari “visioni del mondo” che l’individuo avrebbe appreso ed, acriticamente, accettato dal proprio contesto sociale.

In tali casi l’intervento "terapeutico" risulterebbe, non solo inefficace, ma completamente arbitrario.

Uno dei più noti consulenti filosofici è Lou Marinoff autore del best seller “Platone è meglio del prozac”.

La mia angoscia, per esempio, era una scena in cui io guardavo me stesso con la sensazione di essere chiuso dentro me stesso. E’ questa scena che chiamo angoscia. (L’isola del tonal)

Una notte mi svegliai atterrito, incapace di respirare... il medico mi prescrisse un tranquillante e mi suggerì di respirare in un sacchetto di carta qualora l'attacco si fosse ripetuto...la Gorda mi assicurò, con tutta calma, che non si trattava affatto di una malattia, ma che, finalmente, stavo perdendo le mie difese e che l'esperienza attraverso cui stavo passando era quella della 'perdita della forma umana. Aggiunse che nel suo caso, la disintegrazione della forma era iniziata dall'utero, con fortissimi dolori ed una insolita pressione che, lentamente, le sì spostava in due direzioni giù per le gambe e su per la gola. (Il dono dell’aquila)

Dissi a don Juan che mi ero reso conto che l'interruzione del dialogo interiore comportava qualcosa di più della semplice interruzione delle parole rivolte a me stesso. Tutto il mio processo del pensare si era interrotto ed io mi ero trovato praticamente sospeso, fluttuante. Da questa consapevolezza era nato un senso di panico per cui, come antidoto, avevo dovuto riprendere il dialogo interno. (L'isola del tonal)

Quello che Don Juan definiva "la fondazione del sognare", consisteva in una lotta mortale della mente con se stessa e affermò che una parte di me avrebbe fatto ogni sforzo per impedirmi di raggiungere il successo. Poteva darsi che, nel corso della lotta, tale parte di me mi provocasse perdita di pensiero, melanconia, o anche depressione tendente al suicidio. (L'isola del tonal)

Avevo perso completamente il mio equilibrio. Nel mio stato di consapevolezza normale mi sentivo scombussolato. Era come se avessi perduto un punto di riferimento. Mi sentivo abbattuto, sconsolato. Dissi a don Juan che avevo perduto anche il desiderio di vivere…..fui sopraffatto da un tale senso di disperazione che mi misi a piangere. Don Juan e Genaro risero fino alle lacrime. Più io mi sentivo disperato, più cresceva il loro divertimento. Finalmente don Juan mi fece entrare in uno stato di consapevolezza intensa e mi spiegò che il fatto che ridessero di me non era crudeltà da parte loro né tanto meno il risultato di uno strano senso dell'umorismo, ma la genuina espressione della felicità di vedermi avanzare sulla via della conoscenza. 'Ti dirò quello che soleva dirmi il nagual Juliàn quando arrivavamo al punto in cui sei tu”, proseguì don Juan, 'così saprai di non essere solo. Quel che ti sta capitando, capita a chiunque accumuli abbastanza energia per poter dare uno sguardo all'ignoto.' (Il fuoco dal profondo)

La depressione che provavano, diceva il nagual Juliàn, non era tanto la tristezza per aver perso un nido noioso e limitato, ma soprattutto la seccatura di dover cercare un nuovo alloggio. 'i nuovi alloggi' continuò don Juan 'non sono così comodi o accoglienti, ma sono infinitamente più ampi e spaziosi. La tua notifica di sfratto si presentò sotto la forma di una grande depressione e della mancanza di voglia di vivere, proprio come accadde a noi. Quando ci dicesti che non volevi più continuare a vivere, non potemmo fare a meno di ridere.' (Il fuoco dal profondo)

Mi sembrava di non essere quell’io che conoscevo. “Non capisco perché ve ne stupiate tanto,” disse don Juan. “Ogni volta che il dialogo interiore si interrompe il mondo sprofonda e affiorano straordinarie sfaccettature di noi, come se fossero state fino a quel momento tenute nascoste dalle nostre parole. Voi siete così come siete, poiché vi dite che siete appunto così. (L'isola del tonal)

Mi sentivo in un modo terribilmente strano. Ero calmo, imperturbabile. Uno stato di incredibile indifferenza e freddezza si era impadronito di me. (L'isola del tonal)

In me c’era qualcosa che lottava disperatamente per far prendere alla situazione una svolta familiare. Cercavo di essere spaventato e interessato. (L'isola del tonal)

Il ritorno del mio io consueto fu anche il ritorno dei miei consueti timori. Stranamente ero meno spaventato di essere spaventato che di non esserlo affatto. La familiarità delle mie vecchie abitudini, per quanto spiacevoli era un sollievo delizioso. (L’isola del tonal)

Quando si esaurisce l’inerzia del dialogo interno il mondo diventa nuovo. L’ondata di energia si sente come un buco insopportabile che si apre sotto i piedi. Per tale ragione il guerriero può passare anni di instabilità mentale. L’unica cosa che lo conforta in tale situazione è mantenere chiaro il proposito del suo cammino e non perdere, per nessuna circostanza, la sua prospettiva di libertà. Un guerriero impeccabile non perde mai l’equilibrio. (Incontri con il Nagual)

Desideravo sostenere la conversazione, ma qualcosa in me era incompleto. Provavo una insolita indifferenza, una stanchezza simile alla noia. (L’isola del tonal)